venerdì 27 dicembre 2019

Schopenauer


SCHOPENAUER: RAPPRESENTAZIONE E VOLONTA'

- Il contesto di vita ed i modelli culturali

Arthur Schopenhauer nasce a Danzica nel 1788 da una famiglia borghese. Questo gli permette di viaggiare molto e conoscere ambienti diversi e stimolanti. Nonostante questo ha un carattere chiuso ed è severo nei confronti degli uomini e del mondo in generale. I temi predominanti nella sua gioventù sono la morte, il mistero dell'eternità e lo smarrimento di fronte alla grandiosità della natura. Si distacca dal mondo mercantile a cui appartiene la famiglia di origine e si dedica allo studio della filosofia e dell'arte greca. Ammira Platone e Kant di cui apprezza particolarmente la tesi secondo cui nell'uomo c'è una forte aspirazione alla metafisica, cioè all'andare oltre il mondo limitato e mutevole dei fenomeni per attingere la "cosa in sè" (la vera essenza della vita). Schopenhauer si dedica anche alla lettura dei testi buddisti, nei quali ritrova la consapevolezza del carattere effimero dell'esistenza e la via di liberazione che questa religione suggerisce agli uomini.


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- La duplice prospettiva sulla realtà

Nell'opera "Il mondo come volontà e rappresentazione" troviamo l'essenza del pensiero di Schopenhauer. Egli intende, con quest'opera, rispondere alla domanda "che cos'è il mondo?" analizzando la cosa da due prospettive:

- quella della scienza (o della rappresentazione intellettuale) secondo la quale il mondo è una mia rappresentazione
- quella della filosofia secondo la quale il mondo è volontà di vivere 

- Il mondo come rappresentazione

L' opera di Schopenhauer si apre con l'affermazione "il mondo è una mia rappresentazione". Dire questo implica aver la consapevolezza che non è possibile sapere come le cose siano in se stesse ma solo come queste si presentano nella propria esperienza (ad esempio non posso sapere cosa sia un albero, ma solo come questo si presenta ai miei occhi). Il mondo quindi non esiste se non nel rapporto tra soggetto ed oggetto che caratterizza la rappresentazione. Per Schopenhauer il soggetto non  può prevalere sull'oggetto e viceversa. Tutte le cose sono "fenomeni" che si identificano con la realtà che è elaborata nella relazione tra soggetto ed oggetto. Sulla base di questi elementi l'unica realtà accessibile all'uomo è quella fenomenica, organizzata attraverso le forme dello spazio e del tempo e le categorie dell'intelletto. Attraverso spazio e tempo organizziamo quello che percepiamo in precisi rapporti spaziali e in una successione temporale. Non posso percepire alcuna cosa senza collocarla in uno spazio e in un tempo determinati. In questo caso i parametri assolvono al ruolo di "principio di individuazione" delle cose.
Gli oggetti individuati nello spazio e nel tempo ricevono poi un ordine dall'intelletto umano attraverso la categoria di causa (a cui secondo Schopenhauer possono ricondursi le dodici categorie kantiane). Tutta la realtà si risolve in una rete di fenomeni connessi grazie al principio causale detto "principio di ragion sufficiente" che si presenta in quattro configurazioni:

- principio del divenire che spiega la relazione causa-effetto tra oggetti naturali
- principio del conoscere che regola il rapporto logico tra premesse e conseguenze
- principio dell'essere ordina le connessioni spazio-temporali ed i rapporti tra enti geometrici e matematici
- principio dell'agire che stabilisce una connessione causale tra le azioni che si compiono ed i motivi per cui sono compiute.
Quindi il mondo fenomenico (cioè il mondo che è la mia rappresentazione) che sembra dominato da un rigido determinismo non è altro che un reticolo di rapporti causali in relazione ad un soggetto. Schopenhauer lo giudica una dimensione illusoria ed ingannevole, le immagini che ne traiamo sono coerenti e rigorose nella loro connessione ma nella sostanza sono evanescenti come i sogni (velo di Maya).

- Il mondo come volontà

La domanda che si pone Schopenhauer è se esiste una via per accedere alla verità della vita e dell'esistenza. Egli afferma che è proprio nel corpo del soggetto la chiave per attingere all'essenza delle cose. Il corpo ha una duplice valenza, da una parte è un oggetto tra gli oggetti (che risponde alle leggi di rappresentazione del mondo fenomenico), dall'altra è la sede in cui si manifesta una forza che sfugge ad ogni determinazione causale, cioè la volontà di vivere (un impulso forte ed irresistibile che ci spinge ad esistere ed agire. Tutte le attività umane che portano all'affermazione della propria individualità sono manifestazioni della nostra voglia di vivere e che si manifesta con le pulsioni del corpo (ad esempio l'impulso che ci porta a mangiare e a provare piacere per il cibo è l'espressione del bisogno di mantenerci in vita). Tale volontà non è circoscritta alla natura umana, ma domina tutte le cose (ad esempio la volontà di vivere si manifesta nella forza che fa crescere la pianta...). La volontà è inconsapevole, è un impulso naturale antecedente la coscienza, è eterna ed unica, non ha nessuno scopo e fine, esiste e basta. 

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Se la volontà è l'essenza del mondo ciò significa che essa è anche necessariamente dolore. Gli esseri umani sono per natura carenti, per cui sono destinati ad una ricerca della felicità continua, fonte di perenne inquietudine e quindi di sofferenza. L'uomo può raggiungere una soddisfazione di breve durata, dalla quale nasce subito un nuovo desiderio. Il piacere è solo un intervallo tra un dolore e l'altro. Oltre che dal dolore, l'esistenza è caratterizzata dalla noia (una condizione di vuoto). Quindi la vita oscilla tra desiderio e noia. Schopenhauer giunge alla conclusione che nel mondo prevale il dolore, che è maggiore quanto maggiore è la consapevolezza della propria condizione (per questo gli uomini soffrono più delle altre creature).
L'unica possibilità che Schopenhauer intravede per uscire da questa triste condizione è l'arte, la morale e l'ascesi per arrivare al passo successivo cioè l'annullamento della volontà. Osservando un bel quadro o leggendo un bel libro ad esempio, l'uomo dimentica se stesso ed il proprio dolore perchè l'arte è contemplazione e mira alla conoscenza disinteressata, fuori dal tempo e dallo spazio. Spazio particolare trova nel pensiero di Schopenhauer la musica che egli ritiene del tutto indipendente dal mondo dei fenomeni. Anche la morale  consente di oltrepassare le manifestazioni fenomeniche della volontà ma implica, a differenza dell'arte, un impegno pratico a favore del prossimo. Non si devono compiere azioni che possano ledere la volontà degli altri (visione in negativo) oppure attraverso la volontà di fare del bene agli altri (visione in positivo). Infine l'ascesi consiste nella mortificazione degli istinti e dei bisogni. Si realizza attraverso la noluntas cioè la negazione radicale della volontà. L'uomo deve raggiungere pertanto una perfetta castità e rinunciare ai piaceri per valorizzare le virtù degli asceti (umiltà, digiuno, povertà sacrificio e rassegnazione).

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Marx


L'ORIGINE DELLA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA DI MARX



- Gli studi giuridici e filosofici e gli anni di Parigi e Bruxelles

Karl Marx nasce nel 1818 a Treviri in Germania. Figlio di un avvocato di origine ebraica, si iscrive nel 1835 alla facoltà di giurisprudenza di Bonn. Qui conduce una vita molto disordinata. Il padre insiste pertanto affinché si trasferisca a Berlino dove l'ambiente è più severo e rigoroso. Due anni dopo comunica al padre la decisione di lasciare gli studi di legge per dedicarsi alla filosofia. Si laurea nel 1841 e l'anno successivo diventa redattore della "Gazzetta Renana". In quest'ambito approfondisce tematiche economiche e politiche. Il governo ordina però la chiusura della rivista e Marx decide di trasferirsi a Parigi.

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Questi anni sono caratterizzati da intenso impegno politico, nei quali scrive di economia e filosofia con la collaborazione di Engels al quale lo legherà un'amicizia destinata a durare tutta la vita. Dal 1841 al 1846 si distacca dal pensiero hegeliano inizialmente condiviso rifiutandone  la riduzione del reale all'ideale. Con la tesi su Feuerbach del 1845 prende le distanze anche da questo filosofo pur riconoscendogli di aver riportato la filosofia su un terreno concreto spostando l'attenzione sull'uomo e sugli aspetti naturali. Nel 1847 critica in modo netto l'opera "La miseria della filosofia" di Proudhon (moderato riformista sociale). Marx definisce borghese ed utopistica la sua posizione contrapponendola al socialismo scientifico che progetta una rivoluzione con l'obbiettivo di trasformare il sistema capitalistico. Nel 1847 si tiene a Londra il primo congresso della "Lega dei comunisti". Marx ed Engels vengono incaricati di redigere il programma della Lega. Nasce così il "Manifesto del partito comunista", una delle opere più importanti del marxismo. Con il motto: "Proletari di tutti i paesi unitevi!" l'obbiettivo comunista si concretizza nell'idea di abbattere il dominio della borghesia per fondare una società senza classi. Vive i suoi ultimi anni a Londra, in difficoltà economiche a seguito della espulsione dalla Germania al termine dei moti del 1848. In questi anni si dedica allo studio dell'economia politica e scrive la sua opera più importante " Il Capitale". Muore a Londra nel 1883.

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L'ALIENAZIONE E IL MATERIALISMO STORICO


- L'analisi della religione

Marx apprezza l'idea di Feuerbach sull'origine umana della religione e dell'idea di Dio, non riesce però a trovare l'origine dell'alienazione religiosa dell'uomo, cioè perchè l'uomo crea un Dio proiettando su di lui le qualità umane fondamentali. Marx giunge alla conclusione che il comportamento dell'uomo sia dovuto al fatto che vive male la realtà in cui è costretto a vivere. Pertanto crea una dimensione immaginaria in cui riversare le proprie speranze di felicità. Egli definisce la fede come "l'oppio per il popolo" e vi ricorre come ad una droga per meglio sopportare la propria situazione. E' quindi, secondo Marx, la condizione di sfruttamento che porta l'uomo a creare una dimensione alternativa per poter continuare a sperare. Feuerbach sosteneva che per abbattere l'oppressione materiale bisognava abolire la religione, Marx invece sostiene che per trasformare la realtà bisogna superare l'ingiustizia e la disuguaglianza in modo da non ricorrere alla religione per combattere l'insoddisfazione. 

- L'alienazione del lavoratore

Per Marx l'alienazione non è un fenomeno spirituale ma il risultato della disumanizzazione dei rapporti lavorativi nella società capitalistica. Secondo Marx l'alienazione dell'operaio è dovuta:

- dal prodotto della sua attività: l'operaio produce oggetti che non gli appartengono (appartengono al capitalista) e di cui non può godere. Questo non rappresenta appagamento, anzi un elemento che aumenta la sua dipendenza

- dalla sua attività: questo perchè la sua stessa capacità produttiva è proprietà del capitalista, quindi l'operaio è ridotto a schiavo di un altro uomo

- dall'esproprio della sua essenza: l'uomo si realizza compiutamente, secondo Marx, soltanto nel lavoro. Nel sistema capitalistico, il lavoro perde questa caratteristica di realizzazione della libertà e della creatività e diventa una modalità di sfruttamento per cui l'uomo viene ridotto a cosa.

- dall'esclusione dalla vita sociale: il lavoratore viene escluso dalla vita sociale, in quanto non potendo disporre del frutto del suo lavoro, non può condividerlo con gli altri liberamente. Egli si relaziona solo con il capitalista.

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- Il superamento dell'alienazione

Per poter uscire da questa situazione Marx vede un'unica soluzione: modificare la base materiale della società. E' necessario pertanto sradicare alla base la causa che ha portato alla condizione di alienazione cioè la proprietà privata. Secondo Marx nell'età primitiva l'uomo viveva a contatto con la natura. Con l'avvento dell'attività lavorativa i bisogni sono diventati più complessi e per poterli soddisfare si rese necessaria un' organizzazione della produzione diversificata. Qui nasce la divisione tra lavoro manuale ed intellettuale che porterà alla contrapposizione delle classi sociali. Questa divisione ha portato ricchezza e progresso ma ha generato contemporaneamente scissioni e disuguaglianze che hanno dato origine al sistema della proprietà alla base dello sfruttamento. In questo sistema una minoranza (i capitalisti) sono proprietari dei mezzi di produzione (macchine terre ecc..) e possiedono l'operaio, ridotto ad oggetto. Se l'alienazione nasce da questi presupposti, secondo Marx si rende necessario eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Questo porta alla negazione totale della società ed alla necessità di promuovere una rivoluzione sociale che abbia come protagonisti i lavoratori, in cui venga abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'abolizione della divisione in classi. 

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- La concezione materialistica della storia

Per Marx l'uomo diventa ciò che è in base alle condizioni materiali in cui si trova a vivere. Secondo la formulazione del materialismo storico di Marx, le forze motrici della storia non sono di tipo spirituale ma di tipo materiale. Egli vuole comprendere la storia ed analizzarla in modo scientifico e oggettivo, rimuovendo le ideologie che nascondono la verità. La cultura viene vista come strumento ideologico di potere perchè espressione della classe dominante. Il motore della storia é costituito secondo Marx dai modi di produzione che caratterizzano le diverse epoche storiche ed a loro volta si compongono di due elementi fondamentali: 
- le forze produttive: cioè le componenti che consentono la produzione (forza lavoro, mezzi di produzione, conoscenze tecniche e scientifiche
- i rapporti di produzione: cioè l'organizzazione del lavoro e le relazioni tra soggetti coinvolti nel processo produttivo. 
Tutti questi elementi costituiscono la globalità del modo di produzione che Marx definisce "struttura della società" (la sua ossatura economica). Questa, nella sua struttura interna, da origine alla "sovrastruttura" (l'insieme delle varie produzioni culturali: dottrine etiche, scientifiche, artistiche ecc...). Il rapporto tra questi due piani non deve essere meccanico ma le due entità interagiscono e servono ad orientare l'analisi storica e a formulare programmi politici.


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IL SISTEMA CAPITALISTICO E IL SUO SUPERAMENTO

- La critica all'economia politica classica

Marx ritiene che la comprensione della società moderna si ottiene solo spiegando i meccanismi economici che la determinano. Egli si pone in una posizione di rottura rispetto agli economisti classici come Smith e Ricardo e considera le loro posizioni ideologiche e borghesi. Marx riconosce loro il merito di aver elaborato alcuni concetti base quali il valore, il profitto ecc.. ma hanno considerato il capitalismo come unico sistema di produzione possibile e non hanno compreso le contraddizioni che minano dall'interno il capitalismo e che porteranno, secondo Marx, alla sua distruzione.

- L'analisi della merce

Secondo Marx la merce ha due valori:

- valore d'uso: consiste nel fatto che un bene ha una qualità specifica, con la quale appaga un bisogno umano (ad esempio la bicicletta serve a spostarsi)

- valore di scambio: i beni possono essere scambiati (ad esempio una bicicletta per un cappotto). Questo avviene perchè, pur essendo le merci differenti tra di loro, possiedono un valore di scambio  ( cioè un valore comune dato dalla quantità di lavoro socialmente necessaria per produrle) che le rende confrontabili ed equiparabili anche se in diverse proporzioni. 

Nello scambio non si tiene pertanto conto del valore d'uso della merce (utilità) ma del valore di scambio (tempi di produzione). Per attribuire un valore più possibile stabile, Marx fa riferimento non ai singoli tempi di produzione di una merce (lo stesso bene può essere prodotto da un operaio in un'ora e da un altro in due) ma al tempo socialmente necessario (cioè il tempo medio di produzione in un determinato periodo). Il valore non coincide necessariamente con il prezzo del bene perchè sul prezzo possono intervenire altri fattori.

- Il concetto di plusvalore

Secondo Marx esiste un particolare tipo di merce: la merce-uomo, cioè l'operaio che viene "acquistato" dal capitalista per produrre altre merci. In cambio riceve un salario. Quest'ultimo viene stabilito in base a quanto necessita l'operaio per garantire alla sua famiglia i beni necessari alla loro sopravvivenza.  Nel momento in cui l'operaio vende la sua forza lavoro al capitalista, tutto quello che produce non gli appartiene più. Se però l'operaio lavora 12 ore al giorno, ma riesce a produrre in otto ore una quantità di merce necessaria per coprire le spese di mantenimento per se e la sua famiglia (tempo di lavoro necessario), il salario che gli verrà riconosciuto sarà pari alle otto ore. Le altre quattro ore di lavoro rappresentano un tempo di lavoro supplementare in cui l'operaio produce merce non pagata dal capitalista. Questo lavoro non pagato viene definito da Marx plusvalore. Da questo lavorano non pagato nasce il profitto del capitalista che sfrutta il lavoro dell'operaio a proprio vantaggio. Questo profitto è elemento essenziale del modo di produzione capitalista.

- I punti deboli del sistema capitalistico di produzione

Lo scopo primario dei sistema capitalistico sembra pertanto quello di aumentare il più possibile il profitto. Allo scopo si cerca di incrementare al massimo la produttività introducendo macchine e strumenti che consentano, con la medesima forza lavoro, di realizzare una quantità di merce superiore. Questo si traduce in un passaggio dalla società manifatturiera alla grande industria meccanizzata. La meccanizzazione porta all'aumento del problema dell'alienazione del lavoratore. Le macchine rendono il lavoro ripetitivo specializzando all'estremo le funzioni dell'operaio che non svolge più un mestiere compiuto. Secondo Marx però questo sistema è destinato a generare forze autodistruttive. Innanzitutto si verificherà la caduta tendenziale del saggio di profitto. Questa è una legge per cui da un certo punto dello sviluppo produttivo, il profitto invece che aumentare tende a ridursi. Questo si verifica perchè aumentando l'uso delle macchine (capitale costante) si richiedono meno operai (capitale variabile). Dato che il plusvalore dipende dal pluslavoro dell'operaio, questo inevitabilmente si ridurrà. Secondo Marx questo rappresenta il punto debole dell'economia capitalistica. Tutto questo porterà anche a maggiore disoccupazione quindi a maggiore povertà tra gli operai che vedranno ridursi il loro potere di acquisto delle merci. Questa è una contraddizione fatale del sistema: le macchine consentono di produrre più merci ma queste rischiano di rimanere invendute. Tutto questo porterà ad un divario sempre più ampio tra la classe dei capitalisti (sempre più ricchi) e quella dei proletari (sempre più poveri e sfruttati).

- La rivoluzione e l'instaurazione della società comunista 

Secondo Marx, per porre rimedio a tutto questo occorreva promuovere una rivoluzione sociale per procedere all'abbattimento della civiltà egoistica della borghesia e giungere ad una società comunista. La realizzazione di una società comunista prevede una società senza classi, in cui sia abolita la proprietà privata attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione in cui vengono meno le disuguaglianze reali tra gli uomini.



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giovedì 14 novembre 2019

Django Unchained


Django Unchained (2012) è il titolo di un film diretto da Quentin Tarantino. Il film è ambientato nel 1858 in Texas, in una località non ben definita. Il protagonista della pellicola è  lo schiavo Django, la cui vita cambia improvvisamente grazie all'incontro con il dottor King Schultz, ex dentista e cacciatore di taglie originario della Germania. Schulz cerca di acquistare lo schiavo Django. I mercanti peró non acconsentono alla cessione e nello corso dello scontro a fuoco che ne scaturisce, Django dimostra una grande abilità con le armi. Schultz gli propone quindi  di collaborare e di aiutarlo nella ricerca dei fuorilegge fratelli Brittle. Per convincere Django, King si offre di aiutarlo a ritrovare sua moglie Broomhilda.  Il dottore riesce a  scoprire  che la donna è schiava dello spregevole Calvin J. Candie. Per poter salvare Broomhilda, Django e Schultz si fingono interessati ad acquistare da Candie, che è uno schiavista, un lottatore mandingo. Dopo aver assistito ad uno scontro sanguinoso, dichiarano la loro intenzione di acquistare uno dei due lottatori. Cercano inoltre di includere nell'"affare" anche  la cessione della moglie di Django. Ma il fedele capo della servitù di Candie, Stephen, comprende che Django e Broomhilda si conoscono e informa il suo padrone dell' inganno dei due forestieri. Accecato dall'ira, Candie spinge il dottor Schultz al limite, mentre si scatena un brutale scontro a fuoco tra le due parti. Nello scontro Candie muore come anche Schulz, mentre Django è costretto ad arrendersi perchè Broomhilda cade nuovamente nelle mani degli aguzzini. La sorella di Candie, su suggerimento di  Stephen, decide di inviare Django ai lavori forzati. Così Django, ad un passo dal liberare sua moglie, si troverà a dover lottare nuovamente contro gli schiavisti. Django riesce a fuggire, libera la moglie e conclude la sua vendetta facendo esplodere la villa con all'interno Candie e Stephen. Il tempo trascorso con il dottor Schultz ha lasciato un prezioso insegnamento all'uomo: Django non è più uno schiavo e la sua libertà merita di essere difesa fino alla fine.



I film di Tarantino sono caratterizzati dallo "scorrere del sangue", ma una delle caratteristiche più apprezzate dal pubblico è il pensiero che spesso è nascosto dietro ogni scena. Il regista non lascia nulla al caso e nei suoi film inserisce spesso riflessioni che attingono al pensiero filosofico. Nel film Django Unchained possiamo sicuramente riscontrare una riflessione legata al rapporto servo-padrone espresso da Hegel. Nelle fasi iniziali della pellicola Django è uno schiavo quasi nudo, sporco e in manette, trascinato da due mercanti di schiavi in fila insieme ad altri prigionieri neri, Django cammina con le caviglie bloccate da due grossi anelli di ferro. La rimozione delle catene da parte del dottor Schultz rappresenta l' emancipazione, come essere umano, dello schiavo Django, che si libera dal pregiudizio  di essere  inevitabilmente destinato alla schiavitù. Grazie agli insegnamenti di Schulz, Django impara a leggere e cavalcare, insomma a diventare un essere umano consapevole. Grazie alla sua abilità con le armi, combatterà al fianco di Schulz (diventando un suo pari) fino ad ottenere la sua libertà. Ecco che al termine del film lo schiavo matura una coscienza di sé, delle sue potenzialità fino a conquistare la libertá.

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Feuerbach

IL MATERIALISMO NATURALISTICO DI FEUERBACH

- Una personalità anticonformista


Ludwig Feuerbach nasce nel 1804 da una agiata famiglia bavarese. Studia teologia a Heidelberg e filosofia a Berlino, dove ha come insegnante Hegel. Finiti gli studi si dedica all'insegnamento. Conduce una vita tranquilla che viene interrotta dalla pubblicazione del libro "Pensieri sulla morte e l'immortalità. Per quanto pubblicato viene accusato di essere uno "spirito libero", di essere ateo e di essere addirittura l'anticristo. Abbandona pertanto l'insegnamento continuando a studiare. Nel 1841 pubblica "L'essenza del cristianesimo" che lo rende famoso. Sono soprattutto i giovani ad essere entusiasti delle sue coraggiose tesi in materia religiosa. Egli non abbandonerà mai la sua vita ritirata. Muore nel 1872 a Norimberga dopo aver trascorso gli ultimi anni paralizzato da un ictus.




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- L'attenzione per l'uomo come essere sensibile e naturale

Feuerbach segue le lezioni di Hegel, ma si rende conto che il pensiero hegeliano trascura un aspetto che lui ritiene fondamentale cioé l'uomo concreto. L'uomo non viene pertanto visto dal punto di vista spirituale (Romanticismo) o razionale (Illuminismo) ma come figura "naturale" che ha la sua essenza nella corporeità e nella materia. Egli evidenzia la necessità di considerale l'uomo nella sua dimensione sensibile (la sua essenza). Feuerbach si concentra sull'umanità, vista come insieme di esseri naturali e concreti, con specifici bisogni materiali. Necessariamente bisogna analizzare meglio le condizioni di vita delle persone. Egli era convinto che per innalzare il livello spirituale del popolo è necessario migliorare la sua situazione materiale (ad esempio gli aspetti legati alla sanità, alla alimentazione ecc...). Bisogna rivalutare gli aspetti concreti dell'esistenza umana. In questo consiste il "materialismo naturalistico". Questo rivela anche una natura "filantropica" di Feuerbach rispetto all'impoverimento e miseria che caratterizzavano l'Ottocento.

- L'essenza della religione

Il problema principale del pensiero di Feuerbach è la liberazione dell'uomo dai vincoli che lo incatenano, a partire da quello religioso che lo rende dipendente da una forza superiore ritenuta divina. Ne "L'essenza del cristianesimo", Feuerbach sostiene che non esiste un essere divino. L'idea di Dio deriva dal fatto che l'uomo proietta fuori di sè le sue migliori qualità e le oggettiva in un essere perfetto. Quindi non é più Dio a creare l'uomo, ma è l'uomo che genera l'idea della divinità. Infatti le caratteristiche attribuite a Dio (ragione, volontà e amore) sono caratteristiche umane esternate in un oggetto della fantasia. Dio è quindi la realizzazione ideale dei bisogni dell'umanità e al contempo, la personificazione delle doti umane. Per Feuerbach l'uomo "dipende" dalla natura, sia quella esterna (agenti atmosferici, animali, vegetali ecc...) sia quella interna (desideri, impulsi, istinti...).

- L'alienazione religiosa 

La religione porta ad un impoverimento che Feuerbach definisce "alienazione". L'uomo aliena la propria essenza, cioè la pone fuori di se (in un essere trascendente) proiettando nella entità superiore i suoi caratteri positivi, i suoi desideri ed aspirazioni, dimenticando che quanto attribuisce a Dio, in realtá appartiene a lui. Si ritrova pertanto impotente e sottomesso. Questa è chiaramente una situazione infelice. Feuerbach sollecita quindi un recupero, da parte degli uomini della dignitá e del valore. Per Feuerbach diventa un obbligo morale l'abbattimento della religione. Nella sua opera il discorso religioso diventa politico . L'ateismo diventa pertanto il presupposto per l'emancipazione dell'umanità.


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giovedì 17 ottobre 2019

Hegel

HEGEL E LA RAZIONALITÀ DEL REALE

La formazione
Hegel è uno dei più grandi filosofi europei. Alla base del suo progetto c’è una nuova idea di ragione. Per comprendere a fondo il pensiero hegeliano fondamentali sono gli studi universitari presso il seminario protestante di Tubinga presso il quale divide la stanza con Schelling. Qui si entusiasmano per Kant e per la Rivoluzione francese che viene vista come modello di libertà e di unità nazionale. L’educazione teologica di Hegel si ritrova in molti aspetti del suo pensiero filosofico. 

Gli scritti giovanili
I suoi scritti dell’epoca giovanile vengono riuniti sotto il titolo di Scritti teologici giovanili dedicati alla religione ed al cristianesimo e mostrano la matrice religiosa di molte categorie della filosofia di Hegel.

Il periodo di Jena
Nel 1800 Hegel si trasferisce a Jena, uno dei centri del Romanticismo. Qui pubblica lo scritto Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling nel quale si schiera con quest’ultimo ed attacca Fichte perché privilegia l’Io a scapito dell’oggetto. Qualche tempo dopo però si consuma la rottura fra Hegel e Schelling. Nella prefazione alla Fenomenologia dello spirito, Hegel si distacca definitivamente dal pensiero di Schelling.

La ricerca di un metodo scientifico per la filosofia
Nel 1807, con l’arrivo delle truppe napoleoniche, Hegel si trasferisce a Bamberga dove dirige un giornale e si occupa di progetti di riforma del sistema scolastico. In questo periodo compone la sua opera più impegnativa “Scienza della Logica”.  La sua preoccupazione è quella di assicurare un metodo scientifico alla filosofia e darle una forma rigorosa. Egli sostiene che la filosofia deve essere concreta in grado di diventare un bene comune. Non vuole applicare un metodo matematico ma vuole darle un ordine razionale.

Gli anni della maturità
Hegel diventa professore all’università di Heidelberg e nel 1818 a Berlino. Nel 1817 pubblica l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, una sintesi del suo sistema. Altro scritto del periodo è Lineamenti di filosofia del diritto.  Nel 1829 diventa rettore dell’universitá di Berlino. Nel 1831 muore all’improvviso forse di colera o di una malattia allo stomaco di cui soffriva da tempo.

I CAPISALDI DEL SISTEMA HEGELIANO

La razionalità del reale – la coincidenza della verità con il tutto – la dialettica
Tre sono gli elementi su cui si basa il pensiero hegeliano:
1) La convinzione della razionalità del reale
2) L’idea che la verità coincide con l’intero (il tutto)
3) La concezione dialettica della realtà e del pensiero
Nel primo caso il concetto hegeliano è quello secondo cui ciò che è razionale è reale e viceversa. Ciò significa che la realtà per il filosofo, coincide con un principio razionale: lo spirito inteso come idea o Assoluto. Questo principio comprende qualunque cosa. Essendo espressione dello spirito la realtà coincide con la ragione (concetto che segna la distanza tra Hegel e gli Illuministi). Afferma inoltre che la filosofia è relativa al proprio tempo, al presente storico. Il filosofo non può spingersi oltre la propria epoca.
Nel secondo concetto si chiarisce che la verità non consiste in una visione parziale delle cose, ma completa e globale. Hegel definisce astrazione il pensiero che non consente di cogliere tutti gli elementi e sfumature di un avvenimento perché lo isola dal tutto. L’astrazione è tipica dell’intelletto separa e divide, è utile al fine di distinguere i molteplici aspetti della realtà ma non corrisponde al reale movimento del pensiero. Bisogna unificare poi le parti in una sintesi.
Nel terzo concetto Hegel chiarisce che la verità è l’Assoluto, è un soggetto che compie un percorso giungendo alla consapevolezza di sé. Lo sviluppo dell’idea segue una legge che definisce dialettica cioè una regola interna della realtá e legge del pensiero in quanto la realtà coincide con la ragione.
La dialettica si compone in tre fasi:
Intellettuale o astratto (tesi) cioè la determinazione delle cose. La realtà risulta costituita da oggetti separati e spesso contrapposti.
momento dialettico o della negazione (antitesi) cioè ogni cosa si definisce anche per quello che non è. Organo di tale fase è il pensiero razionale
momento speculativo (sintesi) che rappresenta la negazione della negazione 

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO

Il significato dell’opera
Hegel condivideva l’idea già espressa da Schelling che gli antichi godevano di una condizione di armonia tra l’umano ed il divino, cosa che si è persa nella modernitá. Successivamente considerò positivo lo sviluppo dell’umanità e pensa che il suo tempo determini l’avvento di una nuova epoca che potra dare un contributo determinante. Solo la filosofia può comprendere il divenire della storia in tutti i suoi momenti. La Fenomenologia racconta il processo faticoso dell’acquisizione del sapere e della verità da parte della coscienza dal livello più basso (che sembra privo di spiritualità – coscienza sensibile) a quello piú alto della ragione. Descrive in sostanza l’emergere dell’idea e della ragione nella storia.
Si articola come un “romanzo” della coscienza cioè il manifestarsi della coscienza umana nella storia e segna il percorso della vita spirituale. Hegel definisce “figure” le forme del sapere in cui si realizza tale sviluppo. Le principali sono le seguenti:
Coscienza (certezza sensibile, percezione, intelletto)
Autocoscienza (rapporto servo-padrone, stoicismo e scetticismo, coscienza infelice
Ragione (ragione osservativa (scienza), ragione attiva (azione individuale), ragione legislatrice e esaminatrice delle leggi
Le tre figure portano in successione all’attenzione per l’oggetto – per il soggetto e al riconoscimento dell’unità soggetto-oggetto.

La prima tappa della fenomenologia: la coscienza
E’ la consapevolezza di percepire un oggetto come altro rispetto a sé.
Certezza sensibile – è il sapere immediato cioè ciò che ci suggeriscono i sensi e l’esperienza diretta delle cose
La percezione e l’intelletto – la certezza sensibile non si accontenta del qui ed ora ma cerca qualcosa di più ampio quando non riesce a capire il contrasto tra l’aspetto unitario e le molte caratteristiche (esempio la mela ed il suo colore, peso, forma ecc.). Secondo Hegel la soluzione si trova passando a gradi superiori della conoscenza cioè percezione ed intelletto. Nella percezione le varie cose (forma, colore ecc) possono essere considerate come facenti parte di una unità (cioè un frutto) solo se c’è un io o soggetto che le comprende come tali. Considerando l’intelletto le cose vengono inserite all’interno di rapporti regolati da leggi e tale è il regno della scienza moderna. Ma l’intelletto resta limitato alle determinazioni finite (conosce porzioni di verità) e va superato con l’autocoscienza.

La seconda tappa della fenomenologia: l’autocoscienza
La coscienza orienta successivamente l’indagine sul soggetto perché vede l’esigenza del riconoscimento di  attraverso l’altro. E’ nel rapporto con l’altro che la coscienza di sé (autocoscienza) può ricevere conferma della sua identità. Importante è la figura del servo-padrone. In Hegel identifica il difficile percorso che l’idea di libertà deve compiere per affermarsi nel mondo. Il padrone è colui che, per ottenere l’indipendenza mette a repentaglio la sua vita nella lotta tra autocoscienze vincendo il conflitto; il servo è colui che, per paura della morte, ha deciso di perdere l’indipendenza e la libertà sottomettendosi all’altro. Questo è il momento della tesi: la coscienza del padrone si determina come soggetto libero e afferma la sua superiorità sul servo ridotto a cosa. Segue però il momento dell’antitesi dove il servo grazie alla vita dura forma se stesso per rovesciare la situazione ed il padrone diventa servo del servo. Al concetto di servo-padrone tipico del mondo greco-romano segue lo stoicismo che manifesta l’affermazione della libertà del soggetto rispetto alle cose esterne (infatti lo stoicismo disprezza le passioni, affetti e ricchezze…). Lo scetticismo arriva addirittura a negare il mondo esterno ed alla distruzione di ogni oggettività. Infattiper gli scettici si deve dubitare di tutto. Infine il concetto di coscienza infelice fa riferimento al fatto che la coscienza avverte se stessa come qualcosa di limitato ed inadeguato rispetto all’infinità divina. 

La terza tappa della fenomenologia: la ragione
Secondo Hegel l’autocoscienza si eleva a ragione ed assume in sé ogni realtà e questo accade a partire dal Rinascimento quando l’uomo smette di annullarsi sperando nell’aldilà e cerca il divino nel mondo e in sé stesso. All’inizio la ragione si rivolge alla natura con l’osservazione diretta dei fenomeni (approccio scientifico), ma in questo cercare la ragione registra una crisi perché cercando solo qualcosa di esterno a sé non è mai appagata. Nel concetto di ragione attiva, la ragione delusa dalla scienza, si volge verso se stessa. Si rivolge verso la legge del cuore e afferma la propria individualità come principio rivoluzionario e criterio universale. La coscienza comprende che deve andare oltre il sentimento individuale e conquistare la virtù, un agire che possa essere valido per tutti ma che Hegel considera ancora insufficiente. Il passaggio allo spirito e all’universale è il passaggio successivo in cui il punto di vista universale si raggiungerà passando all’eticità (quando si assume la prospettiva dello spirito che si incarna nello Stato). Le massime della morale (es non uccidere..) vengono calate nella vita di un popolo con un ordinamento statale. L’avventura dello spirito nel mondo si conclude quindi con la realizzazione nella storia, nei costumi e leggi.
La fenomenologia porta ad un risultato definitivo: la piena consapevolezza di sé da parte dello spirito che si scopre alla fine fondamento ed origine di tutta la realtà. Questo si raggiunge grazie alla ragione filosofica. Ha un ritmo dialettico che rivela una prospettiva ottimistica (supera ogni negatività in una visione positiva).


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LA LOGICA E LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Nell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio Hegel attua un percorso diverso rispetto alla Fenomenologia e il suo sguardo diventa sistematico e si sviluppa attraverso tre momenti:
Tesi: l’idea in sé e per sé indipendente dalla concretizzazione della realtà
Antitesi: l’idea esce “fuori di sé” nel mondo concreto
Sintesi: l’idea che “ritorna in sé” lo spirito, dopo essersi alienato nella natura, ritorna presso l’uomo.
A questi momenti corrispondono altrettanti livelli del sapere filosofico:
Logica: la scienza dell’idea in sé e per sé
Filosofia della natura: la scienza dell’idea nel suo estraniarsi da sé
Filosofia dello spirito: la scienza dell’idea che torna in sé dal suo alienamento.
La logica è la scienza dell’idea pura cioè prima della sua realizzazione nella realtà. La logica è a sua volta suddivisa in:
Logica dell’essere: si può dire solo che un’idea è, è una categoria priva di contenuti e determinazioni 
Logica dell’essenza: si considera l’essere non nella sua immediatezza ma come oggetto di riflessione
Logica del concetto:  l’essere ritorna in sé come totalità che comprende l’oggettivo ed il soggettivo. Questo si ottiene con la conoscenza razionale. Nel concetto si concentra l’intero movimento logico.
La filosofia della natura è l’antitesi della logica. L’idea si estrania da sé dando origine alla natura considerata nei suoi tre aspetti:
Meccanica: corporeità e l’esteriorità spaziale
Fisica: processi magnetici, elettrici e fisici
Mondo organico: esseri viventi.
La natura è manifestazione dell’idea ma nella forma più incompleta. Hegel svaluta la natura perché l’idea fuori di sé è inferiore a quella che ritorna in sé.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO
Alla filosofia della natura segue la filosofia dello spirito. Si distingue in:
Filosofia dello spirito soggettivo
Filosofia dello spirito oggettivo
Filosofia dello spirito assoluto
La filosofia dello spirito soggettivo comprende:
Antropologia (studia l’anima nel senso del carattere, del temperamento ecc.)
Fenomenologia (studio lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione)
Psicologia (studia le facoltà dell' intuizione, della rappresentazione e del pensiero)
La filosofia dello spirito oggettivo comprende:
Diritto: nasce dalla volontà libera degli individui ed è costituito dalle norme che regolano i rapporti tra le persone. Il diritto di cui Hegel parla può essere comparato all’odierno diritto privato dove il contratto tra soggetti rappresenta la forma basilare di relazione giuridica.
Moralità: è l’ambito delle intenzioni e dei proponimenti con cui l’uomo si definisce come soggetto libero e responsabile delle proprie azioni. 
Eticità: dato che i primi due elementi sono insufficienti Hegel ricerca un elemento ulteriore che risolva la spaccatura tra interiorità ed esteriorità. Questa dimensione è l’eticità che corrisponde all’unificazione delle leggi scritte e della moralità soggettiva. Sono espressione della cultura di un popolo. L’eticità passa per la famiglia, la società civile (spazio intermedio tra la famiglia e lo Stato ed ha il compito di garantire  il benessere dei cittadini e concorrere all’armonia sociale) e lo Stato (supremo moderatore del conflitto sociale e garante dei diritti della persona).
La filosofia dello spirito assoluto comprende:
L’arte: primo momento della vita dello spirito assoluto. In un quadro o una statua ecc. l’uomo percepisce l’unità tra il soggetto e l’oggetto, lo spirito si naturalizza e la natura si spiritualizza rendendo visibile un prodotto ideale
La religione: secondo momento della vita dello spirito assoluto intermedio tra l’arte e la filosofia. La religione però si serve di immagini fantastiche dei miti e dei riti senza cogliere l’essenza della verità.
La filosofia: terzo ed ultimo momento della vita dello spirito, il più alto. La filosofia ha lo stesso oggetto dell’arte e della religione (l’Assoluto)  e lo percepisce in forma concettuale ossia totalmente spirituale, o come dice Hegel scientifica.

 
 



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                                 Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831)