venerdì 27 dicembre 2019

Schopenauer


SCHOPENAUER: RAPPRESENTAZIONE E VOLONTA'

- Il contesto di vita ed i modelli culturali

Arthur Schopenhauer nasce a Danzica nel 1788 da una famiglia borghese. Questo gli permette di viaggiare molto e conoscere ambienti diversi e stimolanti. Nonostante questo ha un carattere chiuso ed è severo nei confronti degli uomini e del mondo in generale. I temi predominanti nella sua gioventù sono la morte, il mistero dell'eternità e lo smarrimento di fronte alla grandiosità della natura. Si distacca dal mondo mercantile a cui appartiene la famiglia di origine e si dedica allo studio della filosofia e dell'arte greca. Ammira Platone e Kant di cui apprezza particolarmente la tesi secondo cui nell'uomo c'è una forte aspirazione alla metafisica, cioè all'andare oltre il mondo limitato e mutevole dei fenomeni per attingere la "cosa in sè" (la vera essenza della vita). Schopenhauer si dedica anche alla lettura dei testi buddisti, nei quali ritrova la consapevolezza del carattere effimero dell'esistenza e la via di liberazione che questa religione suggerisce agli uomini.


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- La duplice prospettiva sulla realtà

Nell'opera "Il mondo come volontà e rappresentazione" troviamo l'essenza del pensiero di Schopenhauer. Egli intende, con quest'opera, rispondere alla domanda "che cos'è il mondo?" analizzando la cosa da due prospettive:

- quella della scienza (o della rappresentazione intellettuale) secondo la quale il mondo è una mia rappresentazione
- quella della filosofia secondo la quale il mondo è volontà di vivere 

- Il mondo come rappresentazione

L' opera di Schopenhauer si apre con l'affermazione "il mondo è una mia rappresentazione". Dire questo implica aver la consapevolezza che non è possibile sapere come le cose siano in se stesse ma solo come queste si presentano nella propria esperienza (ad esempio non posso sapere cosa sia un albero, ma solo come questo si presenta ai miei occhi). Il mondo quindi non esiste se non nel rapporto tra soggetto ed oggetto che caratterizza la rappresentazione. Per Schopenhauer il soggetto non  può prevalere sull'oggetto e viceversa. Tutte le cose sono "fenomeni" che si identificano con la realtà che è elaborata nella relazione tra soggetto ed oggetto. Sulla base di questi elementi l'unica realtà accessibile all'uomo è quella fenomenica, organizzata attraverso le forme dello spazio e del tempo e le categorie dell'intelletto. Attraverso spazio e tempo organizziamo quello che percepiamo in precisi rapporti spaziali e in una successione temporale. Non posso percepire alcuna cosa senza collocarla in uno spazio e in un tempo determinati. In questo caso i parametri assolvono al ruolo di "principio di individuazione" delle cose.
Gli oggetti individuati nello spazio e nel tempo ricevono poi un ordine dall'intelletto umano attraverso la categoria di causa (a cui secondo Schopenhauer possono ricondursi le dodici categorie kantiane). Tutta la realtà si risolve in una rete di fenomeni connessi grazie al principio causale detto "principio di ragion sufficiente" che si presenta in quattro configurazioni:

- principio del divenire che spiega la relazione causa-effetto tra oggetti naturali
- principio del conoscere che regola il rapporto logico tra premesse e conseguenze
- principio dell'essere ordina le connessioni spazio-temporali ed i rapporti tra enti geometrici e matematici
- principio dell'agire che stabilisce una connessione causale tra le azioni che si compiono ed i motivi per cui sono compiute.
Quindi il mondo fenomenico (cioè il mondo che è la mia rappresentazione) che sembra dominato da un rigido determinismo non è altro che un reticolo di rapporti causali in relazione ad un soggetto. Schopenhauer lo giudica una dimensione illusoria ed ingannevole, le immagini che ne traiamo sono coerenti e rigorose nella loro connessione ma nella sostanza sono evanescenti come i sogni (velo di Maya).

- Il mondo come volontà

La domanda che si pone Schopenhauer è se esiste una via per accedere alla verità della vita e dell'esistenza. Egli afferma che è proprio nel corpo del soggetto la chiave per attingere all'essenza delle cose. Il corpo ha una duplice valenza, da una parte è un oggetto tra gli oggetti (che risponde alle leggi di rappresentazione del mondo fenomenico), dall'altra è la sede in cui si manifesta una forza che sfugge ad ogni determinazione causale, cioè la volontà di vivere (un impulso forte ed irresistibile che ci spinge ad esistere ed agire. Tutte le attività umane che portano all'affermazione della propria individualità sono manifestazioni della nostra voglia di vivere e che si manifesta con le pulsioni del corpo (ad esempio l'impulso che ci porta a mangiare e a provare piacere per il cibo è l'espressione del bisogno di mantenerci in vita). Tale volontà non è circoscritta alla natura umana, ma domina tutte le cose (ad esempio la volontà di vivere si manifesta nella forza che fa crescere la pianta...). La volontà è inconsapevole, è un impulso naturale antecedente la coscienza, è eterna ed unica, non ha nessuno scopo e fine, esiste e basta. 

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Se la volontà è l'essenza del mondo ciò significa che essa è anche necessariamente dolore. Gli esseri umani sono per natura carenti, per cui sono destinati ad una ricerca della felicità continua, fonte di perenne inquietudine e quindi di sofferenza. L'uomo può raggiungere una soddisfazione di breve durata, dalla quale nasce subito un nuovo desiderio. Il piacere è solo un intervallo tra un dolore e l'altro. Oltre che dal dolore, l'esistenza è caratterizzata dalla noia (una condizione di vuoto). Quindi la vita oscilla tra desiderio e noia. Schopenhauer giunge alla conclusione che nel mondo prevale il dolore, che è maggiore quanto maggiore è la consapevolezza della propria condizione (per questo gli uomini soffrono più delle altre creature).
L'unica possibilità che Schopenhauer intravede per uscire da questa triste condizione è l'arte, la morale e l'ascesi per arrivare al passo successivo cioè l'annullamento della volontà. Osservando un bel quadro o leggendo un bel libro ad esempio, l'uomo dimentica se stesso ed il proprio dolore perchè l'arte è contemplazione e mira alla conoscenza disinteressata, fuori dal tempo e dallo spazio. Spazio particolare trova nel pensiero di Schopenhauer la musica che egli ritiene del tutto indipendente dal mondo dei fenomeni. Anche la morale  consente di oltrepassare le manifestazioni fenomeniche della volontà ma implica, a differenza dell'arte, un impegno pratico a favore del prossimo. Non si devono compiere azioni che possano ledere la volontà degli altri (visione in negativo) oppure attraverso la volontà di fare del bene agli altri (visione in positivo). Infine l'ascesi consiste nella mortificazione degli istinti e dei bisogni. Si realizza attraverso la noluntas cioè la negazione radicale della volontà. L'uomo deve raggiungere pertanto una perfetta castità e rinunciare ai piaceri per valorizzare le virtù degli asceti (umiltà, digiuno, povertà sacrificio e rassegnazione).

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Marx


L'ORIGINE DELLA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA DI MARX



- Gli studi giuridici e filosofici e gli anni di Parigi e Bruxelles

Karl Marx nasce nel 1818 a Treviri in Germania. Figlio di un avvocato di origine ebraica, si iscrive nel 1835 alla facoltà di giurisprudenza di Bonn. Qui conduce una vita molto disordinata. Il padre insiste pertanto affinché si trasferisca a Berlino dove l'ambiente è più severo e rigoroso. Due anni dopo comunica al padre la decisione di lasciare gli studi di legge per dedicarsi alla filosofia. Si laurea nel 1841 e l'anno successivo diventa redattore della "Gazzetta Renana". In quest'ambito approfondisce tematiche economiche e politiche. Il governo ordina però la chiusura della rivista e Marx decide di trasferirsi a Parigi.

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Questi anni sono caratterizzati da intenso impegno politico, nei quali scrive di economia e filosofia con la collaborazione di Engels al quale lo legherà un'amicizia destinata a durare tutta la vita. Dal 1841 al 1846 si distacca dal pensiero hegeliano inizialmente condiviso rifiutandone  la riduzione del reale all'ideale. Con la tesi su Feuerbach del 1845 prende le distanze anche da questo filosofo pur riconoscendogli di aver riportato la filosofia su un terreno concreto spostando l'attenzione sull'uomo e sugli aspetti naturali. Nel 1847 critica in modo netto l'opera "La miseria della filosofia" di Proudhon (moderato riformista sociale). Marx definisce borghese ed utopistica la sua posizione contrapponendola al socialismo scientifico che progetta una rivoluzione con l'obbiettivo di trasformare il sistema capitalistico. Nel 1847 si tiene a Londra il primo congresso della "Lega dei comunisti". Marx ed Engels vengono incaricati di redigere il programma della Lega. Nasce così il "Manifesto del partito comunista", una delle opere più importanti del marxismo. Con il motto: "Proletari di tutti i paesi unitevi!" l'obbiettivo comunista si concretizza nell'idea di abbattere il dominio della borghesia per fondare una società senza classi. Vive i suoi ultimi anni a Londra, in difficoltà economiche a seguito della espulsione dalla Germania al termine dei moti del 1848. In questi anni si dedica allo studio dell'economia politica e scrive la sua opera più importante " Il Capitale". Muore a Londra nel 1883.

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L'ALIENAZIONE E IL MATERIALISMO STORICO


- L'analisi della religione

Marx apprezza l'idea di Feuerbach sull'origine umana della religione e dell'idea di Dio, non riesce però a trovare l'origine dell'alienazione religiosa dell'uomo, cioè perchè l'uomo crea un Dio proiettando su di lui le qualità umane fondamentali. Marx giunge alla conclusione che il comportamento dell'uomo sia dovuto al fatto che vive male la realtà in cui è costretto a vivere. Pertanto crea una dimensione immaginaria in cui riversare le proprie speranze di felicità. Egli definisce la fede come "l'oppio per il popolo" e vi ricorre come ad una droga per meglio sopportare la propria situazione. E' quindi, secondo Marx, la condizione di sfruttamento che porta l'uomo a creare una dimensione alternativa per poter continuare a sperare. Feuerbach sosteneva che per abbattere l'oppressione materiale bisognava abolire la religione, Marx invece sostiene che per trasformare la realtà bisogna superare l'ingiustizia e la disuguaglianza in modo da non ricorrere alla religione per combattere l'insoddisfazione. 

- L'alienazione del lavoratore

Per Marx l'alienazione non è un fenomeno spirituale ma il risultato della disumanizzazione dei rapporti lavorativi nella società capitalistica. Secondo Marx l'alienazione dell'operaio è dovuta:

- dal prodotto della sua attività: l'operaio produce oggetti che non gli appartengono (appartengono al capitalista) e di cui non può godere. Questo non rappresenta appagamento, anzi un elemento che aumenta la sua dipendenza

- dalla sua attività: questo perchè la sua stessa capacità produttiva è proprietà del capitalista, quindi l'operaio è ridotto a schiavo di un altro uomo

- dall'esproprio della sua essenza: l'uomo si realizza compiutamente, secondo Marx, soltanto nel lavoro. Nel sistema capitalistico, il lavoro perde questa caratteristica di realizzazione della libertà e della creatività e diventa una modalità di sfruttamento per cui l'uomo viene ridotto a cosa.

- dall'esclusione dalla vita sociale: il lavoratore viene escluso dalla vita sociale, in quanto non potendo disporre del frutto del suo lavoro, non può condividerlo con gli altri liberamente. Egli si relaziona solo con il capitalista.

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- Il superamento dell'alienazione

Per poter uscire da questa situazione Marx vede un'unica soluzione: modificare la base materiale della società. E' necessario pertanto sradicare alla base la causa che ha portato alla condizione di alienazione cioè la proprietà privata. Secondo Marx nell'età primitiva l'uomo viveva a contatto con la natura. Con l'avvento dell'attività lavorativa i bisogni sono diventati più complessi e per poterli soddisfare si rese necessaria un' organizzazione della produzione diversificata. Qui nasce la divisione tra lavoro manuale ed intellettuale che porterà alla contrapposizione delle classi sociali. Questa divisione ha portato ricchezza e progresso ma ha generato contemporaneamente scissioni e disuguaglianze che hanno dato origine al sistema della proprietà alla base dello sfruttamento. In questo sistema una minoranza (i capitalisti) sono proprietari dei mezzi di produzione (macchine terre ecc..) e possiedono l'operaio, ridotto ad oggetto. Se l'alienazione nasce da questi presupposti, secondo Marx si rende necessario eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Questo porta alla negazione totale della società ed alla necessità di promuovere una rivoluzione sociale che abbia come protagonisti i lavoratori, in cui venga abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'abolizione della divisione in classi. 

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- La concezione materialistica della storia

Per Marx l'uomo diventa ciò che è in base alle condizioni materiali in cui si trova a vivere. Secondo la formulazione del materialismo storico di Marx, le forze motrici della storia non sono di tipo spirituale ma di tipo materiale. Egli vuole comprendere la storia ed analizzarla in modo scientifico e oggettivo, rimuovendo le ideologie che nascondono la verità. La cultura viene vista come strumento ideologico di potere perchè espressione della classe dominante. Il motore della storia é costituito secondo Marx dai modi di produzione che caratterizzano le diverse epoche storiche ed a loro volta si compongono di due elementi fondamentali: 
- le forze produttive: cioè le componenti che consentono la produzione (forza lavoro, mezzi di produzione, conoscenze tecniche e scientifiche
- i rapporti di produzione: cioè l'organizzazione del lavoro e le relazioni tra soggetti coinvolti nel processo produttivo. 
Tutti questi elementi costituiscono la globalità del modo di produzione che Marx definisce "struttura della società" (la sua ossatura economica). Questa, nella sua struttura interna, da origine alla "sovrastruttura" (l'insieme delle varie produzioni culturali: dottrine etiche, scientifiche, artistiche ecc...). Il rapporto tra questi due piani non deve essere meccanico ma le due entità interagiscono e servono ad orientare l'analisi storica e a formulare programmi politici.


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IL SISTEMA CAPITALISTICO E IL SUO SUPERAMENTO

- La critica all'economia politica classica

Marx ritiene che la comprensione della società moderna si ottiene solo spiegando i meccanismi economici che la determinano. Egli si pone in una posizione di rottura rispetto agli economisti classici come Smith e Ricardo e considera le loro posizioni ideologiche e borghesi. Marx riconosce loro il merito di aver elaborato alcuni concetti base quali il valore, il profitto ecc.. ma hanno considerato il capitalismo come unico sistema di produzione possibile e non hanno compreso le contraddizioni che minano dall'interno il capitalismo e che porteranno, secondo Marx, alla sua distruzione.

- L'analisi della merce

Secondo Marx la merce ha due valori:

- valore d'uso: consiste nel fatto che un bene ha una qualità specifica, con la quale appaga un bisogno umano (ad esempio la bicicletta serve a spostarsi)

- valore di scambio: i beni possono essere scambiati (ad esempio una bicicletta per un cappotto). Questo avviene perchè, pur essendo le merci differenti tra di loro, possiedono un valore di scambio  ( cioè un valore comune dato dalla quantità di lavoro socialmente necessaria per produrle) che le rende confrontabili ed equiparabili anche se in diverse proporzioni. 

Nello scambio non si tiene pertanto conto del valore d'uso della merce (utilità) ma del valore di scambio (tempi di produzione). Per attribuire un valore più possibile stabile, Marx fa riferimento non ai singoli tempi di produzione di una merce (lo stesso bene può essere prodotto da un operaio in un'ora e da un altro in due) ma al tempo socialmente necessario (cioè il tempo medio di produzione in un determinato periodo). Il valore non coincide necessariamente con il prezzo del bene perchè sul prezzo possono intervenire altri fattori.

- Il concetto di plusvalore

Secondo Marx esiste un particolare tipo di merce: la merce-uomo, cioè l'operaio che viene "acquistato" dal capitalista per produrre altre merci. In cambio riceve un salario. Quest'ultimo viene stabilito in base a quanto necessita l'operaio per garantire alla sua famiglia i beni necessari alla loro sopravvivenza.  Nel momento in cui l'operaio vende la sua forza lavoro al capitalista, tutto quello che produce non gli appartiene più. Se però l'operaio lavora 12 ore al giorno, ma riesce a produrre in otto ore una quantità di merce necessaria per coprire le spese di mantenimento per se e la sua famiglia (tempo di lavoro necessario), il salario che gli verrà riconosciuto sarà pari alle otto ore. Le altre quattro ore di lavoro rappresentano un tempo di lavoro supplementare in cui l'operaio produce merce non pagata dal capitalista. Questo lavoro non pagato viene definito da Marx plusvalore. Da questo lavorano non pagato nasce il profitto del capitalista che sfrutta il lavoro dell'operaio a proprio vantaggio. Questo profitto è elemento essenziale del modo di produzione capitalista.

- I punti deboli del sistema capitalistico di produzione

Lo scopo primario dei sistema capitalistico sembra pertanto quello di aumentare il più possibile il profitto. Allo scopo si cerca di incrementare al massimo la produttività introducendo macchine e strumenti che consentano, con la medesima forza lavoro, di realizzare una quantità di merce superiore. Questo si traduce in un passaggio dalla società manifatturiera alla grande industria meccanizzata. La meccanizzazione porta all'aumento del problema dell'alienazione del lavoratore. Le macchine rendono il lavoro ripetitivo specializzando all'estremo le funzioni dell'operaio che non svolge più un mestiere compiuto. Secondo Marx però questo sistema è destinato a generare forze autodistruttive. Innanzitutto si verificherà la caduta tendenziale del saggio di profitto. Questa è una legge per cui da un certo punto dello sviluppo produttivo, il profitto invece che aumentare tende a ridursi. Questo si verifica perchè aumentando l'uso delle macchine (capitale costante) si richiedono meno operai (capitale variabile). Dato che il plusvalore dipende dal pluslavoro dell'operaio, questo inevitabilmente si ridurrà. Secondo Marx questo rappresenta il punto debole dell'economia capitalistica. Tutto questo porterà anche a maggiore disoccupazione quindi a maggiore povertà tra gli operai che vedranno ridursi il loro potere di acquisto delle merci. Questa è una contraddizione fatale del sistema: le macchine consentono di produrre più merci ma queste rischiano di rimanere invendute. Tutto questo porterà ad un divario sempre più ampio tra la classe dei capitalisti (sempre più ricchi) e quella dei proletari (sempre più poveri e sfruttati).

- La rivoluzione e l'instaurazione della società comunista 

Secondo Marx, per porre rimedio a tutto questo occorreva promuovere una rivoluzione sociale per procedere all'abbattimento della civiltà egoistica della borghesia e giungere ad una società comunista. La realizzazione di una società comunista prevede una società senza classi, in cui sia abolita la proprietà privata attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione in cui vengono meno le disuguaglianze reali tra gli uomini.



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