domenica 29 marzo 2020

Bergson

BERGSON E L'ESSENZA DEL TEMPO

- La denuncia dei limiti della scienza

Henri Bergson - Wikipedia
Henri Bergson nasce a  Parigi nel 1859 e si laurea alla "Scuola normale" in filosofia e matematica. Nel 1881 inizia ad insegnare presso il liceo di Angers e due anni dopo presso il liceo Blaise Pascal  di Clermont-Ferrand, dove rimane fino al 1889. Torna successivamente a Parigi e nel 1900 insegna al College de France. Non verrà mai chiamato ad insegnare alla Sorbona a causa dell'ostilità degli accademici pià tradizionalisti. Nel 1928 riceve il Nobel per la letteratura. Muore a Parigi nel 1941 durante l'occupazione nazista della Francia. 
Henri Bergson è considerato, da molti studiosi, un maestro del pensiero ed il suo influsso é ancor oggi rintracciabile nella cultura francese. Egli intendeva sottolineare gli aspetti che la visione positivistica della scienza aveva trascurato. Il primo elemento che la scienza non riesce a spiegare é il tempo. La scienza non riesce a comprendere la continuità ed il movimento vero e reale della vita. Questo è un limite intrinseco, in quanto la scienza opera con processi che semplificano la realtà concreta. Predispone il suo oggetto di studio in modo da immobilizzarlo e ridurlo in parti facimente classificabili. Secondo Bergson bisogna recuperare l'importanza della filosofia e dell'intelligenza intuitiva (che quindi non si basa sul calcolo) in grado di cogliere da dentro la dinamica del reale.

- L'analisi del concetto di tempo

Il pensiero di Bergson si sviluppa dal concetto di tempo elaborato dalla fisica. Il tempo per la scienza è privo di durata, cioé esattamente la caratteristica che lo definisce. Il tempo visto dalla scienza é un tempo spazializzato, una successione misurabile ed uguale di istanti che possiamo raffigurare come una linea retta costituita da una serie infinita di punti tutti uguali. Questa immagine del tempo é quella fornita dall'orologio e ci da la rappresentazione dell'istante con la posizione delle lancette, ma non conserva nulla del tempo trascorso. Certamente questo concetto di tempo è utile in quanto, essendo misurabile, ci consente di organizzare la vita sociale (ad esempio se non esistesse questo concetto di tempo  non sapremmo quando prendere un treno e regnerebbe il caos). Secondo Bergson però questo non è il solo tempo che esiste. A fianco del tempo della scienza esiste il tempo della coscienza. Questo tempo non è fatto di singoli istanti ma di un flusso continuo di stati di coscienza dove passato, presente e futuro si fondono. Il tempo della coscienza è dato dal confluire del passato nel presente (grazie alla memoria) e del presente nel futuro attraverso l'anticipazione (cioè la progettualità). Così tutte le misure del tempo vengono a perdere significato. 

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- Il tempo interiore e i suoi caratteri

Il tempo interiore presenta varie caratteristiche:
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  • é il tempo della durata: cioè il tempo che dura, il passato che é presente (ciò che non é più, ció che è ancora e forse ciò che sará);
  • è il tempo della vita: cioè delle cose che hanno significato particolare per ciascuno di noi e che appartengono alla vita vissuta;
  • é il tempo qualitativo: perchè non é possibile misurarlo ed ha senso solo per il ricordo che suscita in noi;
  • è un flusso continuo: che non può essere suddiviso in parti come gli istanti che sono separati l'uno dall'altro sul quadrante dell'orologio.
- L'ampliamento del concetto di memoria

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La coscienza si identifica con la memoria, ma per Bergson la memoria viene intesa in senso più ampio. Nell'opera "Materia e memoria"egli identifica tre aspetti:
  • il ricordo puro o memoria pura: è la coscienza stessa, la conservazione dell'esperienza vissuta. E´il deposito di tutti i ricordi passati, registra automaticamente tutto ciò che viviamo in modo inconsapevole e ci accompagna in ogni  momento senza che ce ne accorgiamo;
  • il ricordo-immagine: è il modo in cui il nostro passato si concretizza facendosi (in parte, con frammenti) presente qui ed ora. E`una piccola porzione della memoria complessiva. Il suo materializzarsi avviene ad opera del cervello per uno scopo. Per Bergson la "coscienza", pur essendo memoria non è sempre ricordo, cioè non é sempre attualizzata. E' una dimensione più ampia, un fatto fisiologico e questo fa si che il materializzarsi del ricordo-immagine più essere soggetto ad alterazioni e disturbi dovuti ad esempio a lesioni celebrali. A tal proposito Bergson da una sua interpretazione delle malattie che alterano il ricordo. Egli afferma che le malattie colpiscono solo il ricordo-immagine cioé la memoria di superficie, non il ricordo puro. Quello che si perde è la capacità del cervello di fare da filtro tra il "materiale" in esso contenuto. Secondo Bergson il nostro passato non si perde mai, è sempre disponibile anche se in modo inconscio;
  • la percezione: è la facoltà che ci lega al mondo esterno e seleziona i dati che ci sono più utili ai fini della vita concreta. Rientra nelle attività del corpo che limitano la coscienza (per Bergson il corpo ha per funzione essenziale quella di limitare, in vista dell'azione, la vita dello spirito). Memoria e percezione rappresentano i due opposti: lo spirito ed il corpo. Il primo comprende tutta la vita vissuta, il secondo si concentra sul presente e sulle necessitá pratiche, portando allo scoperto solo parte della vita vissuta. Per questo una percezione isolata come un suono, un odore, un'immagine, può far riaffiorare il ricordo (cioè l'emergere della memoria profonda, sommersa sotto il livello consapevole). Questa teoria richiama quella dell'inconscio di Freud.
Bergson


- Lo slancio vitale e l'evoluzione creatrice


L'evoluzione creatrice (estratti). traduzione, introduzione e note ...Nell' "Evoluzione creatrice" del 1907 Bergson definisce il concetto di superamento della separazione tra materia e spirito ed approfondisce l'idea della continuità tra la vita biologica e la coscienza. In entrambe scorre incessante un'unica forza vitale. La vita, per Bergson, non procede per aggregazioni di elementi materiali (come una costruzione, un mattone dietro l'altro). Si origina da un unico impulso iniziale (slancio vitale) , un'energia che crea di continuo ed in modo imprevedibile una grande varietá di forme. Non è scomponibile ne reversibile ed implica la conservazione integrale del passato. E' un impulso che trabocca nel mondo. Si espande nell'universo, irradiandosi in ogni direzione, ma con intensità variabile e questo spiega la differenziazione degli esseri e delle specie (soprattutto tra mondo animale e vegetale). Sono due ramificazioni dell'unica vita che sorregge la realtà. La vita é creatività libera ed imprevedibile. Bergson paragona la vita dell'universo all'esplosione di un proiettile in mille pezzi che a loro volta si dividono in mille pezzi: ognuno di noi è uno di questi frammenti. Potevamo essere qualcosa di diverso ma la contingenza ha fatto in modo che fossimo così: non per necessità ma per la grandiosa libertà dell'energia vitale. Bergson vuole dimostrare come l'evoluzione non implica alcuna realtá precostituita, ma é una realtà in movimento che si genera da se stessa, espandendosi e modificandosi in continuazione. Egli la definisce "evoluzione creatrice". Grazie a questo concetto si supera la divisione tradizionale tra materia (passiva) e spirito (attivo). La realtà è, per Bergson, sempre unica, all'origine abbiamo l'energia vitale (spirituale) che nel momento in cui esaurisce la sua forza, tende a manifestarsi come materia. La materia non è qualcosa di esterno che ostacola lo sviluppo, ma é l'esito dell'estinguersi dello slancio.

- La questione della conoscenza

Se la realtà è caratterizzata da uno slancio vitale continuo ed unitario, perchè nella nostra esperienza conoscitiva tendiamo a "spazializzare" la realtà (come ad esempio nel caso del tempo che viene frammentato in segmenti separati)? Bergson sostiene che la conoscenza umana può essere di due tipi:

  • possiamo conoscere un oggetto dall'esterno, descrivendo i singoli caratteri ed utilizzando simboli per rappresentarli. Facciamo un'analisi dell'oggetto per poi ricomporne sinteticamente i diversi aspetti. Questo modo di operare è proprio dell'intelligenza, che isola ed irrigidisce gli elementi della realtà, dando un'immagine "razionale" ma sicuramente parziale ed astratta. Questa conoscenza è volta alla risoluzione dei problemi concreti, ma non ha valore dal punto di vista teoretico (solo pratico).
  • possiamo conoscere l'oggetto tramite l'intuizione (con un'azione simpatetica), rinunciando ad ogni rappresentazione parziale o simbolica di esso. L'oggetto non è scomposto od analizzato ma viene visto immediatamente nella sua totalità. Questa forma di conoscenza è quella che consente una comprensione piena della vita e della coscienza perché ne rispetta l'integrità.
- La contrapposizione fra metafisica e scienza

L'arte e la metafisica fanno ricorso all'intuizione (che Bergson definisce scienza assoluta del reale). Secondo Bergson le critiche rivolte da empiristi e razionalisti alla metafisica (che consideravano come una dimensione illusoria perché al di là dell'esperienza possibile dell'uomo) sono dovute al fatto che si è tentato di penetrare l'oggetto metafisico con l'intelligenza che in questo campo non è adeguata. La contrapposizione tra intuizione ed intelligenza, metafisica e scienza non vuol condurre ad una svalutazione di quest'ultima perchè è un metodo di conoscenza fondamentale. Importante è non pretendere di estendere le categorie della scienza al di là del loro ambito trasferendole dal piano operativo, tipico della scienza, a quello teoretico tipico dell'intuizione. Questo può essere difficile per l'uomo, abituato ad affrontare con l'intelligenza problemi di ordine pratico. Bisogna, secondo Berger rinuciare alla concettualizzazione (perchè i concetti sono simboli usati per rappresentare frammenti della realtà che abbiamo "preso" dal flusso vitale tramite l'analsi concettuale) e alle parole (cioè i segni fonetici con cui comunichiamo). Il filosofo per comunicare le sue intuizioni deve diventare un indicatore di percorsi utilizzando immagini e metafore. Proprio per la ricchezza delle sue opere Bergson vinse il premio Nobel.

Bergson
- La morale e la religione

Nella sua ultima opera "Le due fonti della morale e della religione" Bergson identifica due tipi  organizzazione sociale:
Le due Fonti della Morale e della Religione - Henri Bergson ...
  • società chiusa: è quella autoritaria in cui regna la morale dell'obbligazione che spinge l'uomo ad identificarsi con il gruppo sociale e ad accettare i suoi rigidi valori. Prevalgono le esigenze di coesione sociale, di conformismo e la paura del cambiamento;
  • societá aperta: fondata sulla "morale assoluta" che valorizza la libertà e la creatività degli individui; l'obbiettivo è lo sviluppo di  nuove modalità di convivenza e di collaborazione volte al progresso sociale.
A queste due forme di morale corrispondono due atteggiamenti religiosi:
  • religione statica: si serve di miti e superstizioni per proteggere l'uomo dalle sue paure (morte, insuccessi ecc.)
  • religione dinamica: si manifesta nella vita dei mistici ed é rara. Consiste nella partecipazione, grazie all'amore, allo slancio creatore della vita e nell'unificazione con Dio.
Se identifichiamo lo slancio creatore con Dio e Dio con l'amore, Bergson vede nella mistica l'unico rimedio ai mali morali e sociali. 




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